IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 154/97 r.g. trib. contro Arcidiacono Renato, Specogna Giuseppe Romano, Donada Marino e Lo Giudice Luigi, imputati di concorso nei reati di cui agli artt. 319, 319-bis, 323, 353, del c.p., n. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659. Premesso in fatto All'udienza dibattimentale del 24 giugno 1997 il tribunale ammetteva l'esame ai sensi dell'art. 513, comma 2, c.p.p. nel testo previgente alla riforma introdotta con legge 7 agosto 1997, n. 267, di Riccesi Ennio, Tarquini Giorgio, Muner Elio, Longo Bruno, Pivato Adriano, Petrucco Paolo, Visentin Giuliano, Biasutti Adriano, Pase Sergio, Bennati Giancarlo, Modesti Paolo, Del Monaco Doriano, Cimolai Luigi, Albonico Roberto, Presotto Franco, Zamparini Dino e Polese Ruggero in qualita' di imputati di reato connesso, nei cui confronti si era proceduto separatamente. Alla successiva udienza dell'8 luglio 1997 comparivano i soli Riccesi, Tarquini, Muner, Longo, Pivato, Petrucco, Biasutti e Visentin i quali si avvalevano della facolta' di non rispondere. Conseguentemente, il tribunale disponeva, su richiesta del p.m., l'acquisizione e la lettura, a norma del predetto art. 513, comma 2, c.p.p., dei verbali degli interrogatori dai medesimi resi in sede di indagini preliminari. All'udienza del 14 ottobre 1997, destinata all'esame dei restanti imputati di reato connesso in precedenza non comparsi, si presentavano i soli Pase Sergio, Cimolai Luigi, Albonico Roberto, Presotto Franco, Zamparini Dino e Polese Ruggero i quali parimenti si avvalevano della facolta' di non rispondere. Mancando l'accordo delle parti, la richiesta del p.m. di procedere alla lettura, ai sensi del sopravvenuto art. 513, comma 2, c.p.p. dei verbali delle dichiarazioni dei predetti imputati veniva respinta, mentre trovava accoglimento, ai sensi dell'art. 6, comma 2, legge 7 agosto 1997, n. 267, quella della difesa diretta alla citazione per nuovo esame degli imputati gia' esaminati all'udienza dell'8 luglio 1997. Quest'ultimi, comparsi all'udienza del 24 ottobre 1997 con la sola eccezione del Muner e del Visentin, ribadivano la loro precedente scelta processuale. Analogo atteggiamento teneva all'udienza del 5 novembre 1997 l'imputato Bennati ed a quella del 22 novembre 1997 l'imputato Del Monaco, esaminato a domicilio a causa di infermita'. All'udienza del 9 dicembre 1997 il p.m. preso atto delle determinazioni del Collegio sulle proprie richieste istruttorie, sollevava eccezione, peraltro gia' prospettata all'udienza del 14 ottobre 1997, di illegittimita' costituzionale degli artt. 513, comma 2, c.p.p. e 6 legge 7 agosto 1997, n. 267, per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione nella parte in cui non consentono, nella fase transitoria della legge, "il recupero delle prove" assunte nella fase delle indagini preliminari. In particolare, non potendosi far applicazione, quanto ai dichiaranti esaminati dopo l'entrata in vigore della citata legge n. 267 del 1997, della disciplina risultante dal combinato disposto dell'art. 6, commi 2 e 5, della legge, il quale presuppone la gia' avvenuta lettura nel giudizio di primo grado in corso dei verbali delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p. ne' essendo consentito al p.m. l'esercizio della facolta' di cui all'art. 392 c.p.p., siccome riservata dall'art. 6, comma 1, della legge alla sola fase delle indagini preliminari, la pur limitata efficacia probatoria prevista dal comma 5 verrebbe fatta irrazionalmente dipendere, secondo l'assunto del p.m., da un dato del tutto occasionale ed estrinseco, quale quello legato alle cadenze temporali del dibattimento, spesso del tutto svincolate dalla volonta' delle parti. Considerato in diritto Ritiene il Collegio che, ricorrendo i requisiti della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale prospettata dal p.m., essa dev'essere sollevata con ogni conseguente provvedimento. Appare, anzitutto, sicuramente sussistente il requisito della rilevanza, essendo evidente che un'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della normativa eccepita, ed in particolare del ricordato disposto dell'art. 6, comma 2, legge n. 267 del 1997, nella parte in cui fa dipendere la pur limitata efficacia probatoria delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p. dalla gia' eseguita lettura di esse in fase dibattimentale, consentirebbe l'utilizzazione ai fini decisori, pur con le limitazioni segnate dal comma 5, anche dei verbali delle dichiarazioni di cui, alla data di entrata in vigore della nuova normativa, non era stata ancora data lettura, altrimenti inutilizzabili per effetto del mancato consenso alla lettura espresso dalla difesa ai sensi del sopravvenuto art. 513, comma 2, c.p.p. In contrario, non varrebbe addurre che tale negativa eventualita' avrebbe potuto essere ovviata mediante ricorso da parte del p.m. alla procedura di cui all'art. 6, comma 1, citata legge n. 267 del 1997. Invero, anche ad ammettere che il ricorso alla procedura dell'incidente probatorio non sia limitato alla sola fase delle indagini preliminari ma sia esperibile anche in sede dibattimentale, non resterebbe per tale via superata l'incongruenza lamentata dal pubblico ministero Ed, infatti, nell'ipotesi di rinnovato esercizio da parte dell'imputato di reato connesso in sede di incidente probatorio della facolta' di non rispondere resterebbe, comunque, preclusa l'applicazione della disciplina probatoria introdotta dalla norma transitoria. Sotto il diverso profilo della non manifesta infondatezza, sembra al Collegio che il far dipendere l'applicazione del particolare regime probatorio di cui all'art. 6, comma 5, citato legge n. 267 del 1997 da un dato del tutto casuale, quale quello della gia' avvenuta lettura dei verbali delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p. (alcuni imputati non hanno inteso comparire all'udienza dibattimentale dell'8 luglio 1997 fissata per il loro esame, altri sono stati a cio' impossibilitati per legittimo impedimento) contrasta con i criteri di razionalita' e giustificatezza sottesi al principio costituzionale d'eguaglianza sancito dall'art. 3, primo comma della Costituzione. La normativa in esame appare altresi' in conflitto, da un lato, con l'esigenza del "buon andamento" dell'amministrazione della giustizia ed, in particolare, con quella dell'efficienza del processo penale (art. 97, primo comma della Costituzione), dall'altro con il principio che vuole il giudice soggetto solo alla legge, laddove invece nell'attuale assetto dell'istituto l'esercizio della giurisdizione resta di fatto assoggettato alle scelte incontrollabili degli imputati di reato connesso (art. 101 della Costituzione). Si impone, pertanto, ad avviso del Collegio, un intervento del giudice delle leggi diretto ad assicurare uniformita' di trattamento, in ordine al particolare regime probatorio delineato dall'art. 6, comma 5, della legge, a tutti i procedimenti pervenuti alla fase del giudizio, anche al fine di garantire, pur nei limiti segnati dal comma 5, le scelte processuali effettuate dal p.m. nella vigenza dell'abrogata disciplina processuale. Consegue la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio.